Prologue
Berenice. Comedia del S. Gio. Francesco Loredano, di nuovo posta in luce
Loredano, Giovan Francesco
Éditeur scientifique : De Capitani, Patrizia
Description
Auteur du paratexteLoredano, Giovan Francesco
Auteur de la pièceLoredano, Giovan Francesco
Titre de la pièceBerenice. Comedia del S. Gio. Francesco Loredano, di nuovo posta in luce
Titre du paratextePrologo. In comparazione del Matrimonio
Genre du textePrologue
Genre de la pièceComédie
Date1601
LangueItalien
ÉditionVenise : Alla Libraria della Speranza, 1601, in-8°. (Lien vers l’édition numérisée bientôt disponible)
Éditeur scientifiqueDe Capitani, Patrizia
Nombre de pages7
Adresse sourcehttp://www.opal.unito.it/psixsite/Teatro%20italiano%20del%20XVI%20e%20XVII%20secolo/Elenco%20opere/image512.pdf
Fichier TEIhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/tei/Loredano-Berenice-Prologue.xml
Fichier HTMLhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/html/Loredano-Berenice-Prologue.html
Fichier ODThttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/odt/Loredano-Berenice-Prologue.odt
Mise à jour2013-06-07
Mots-clés
Mots-clés français
GenreComédie
Personnage(s)Prologue ; zanni ; Pantalon
ScenographieIntermèdes ; décors
ReprésentationQualité d’attention du public ; durée (4 heures)
RéceptionGoût du public pour le spectacle
FinalitéPlaisir, divertissement
Mots-clés italiens
GenereCommedia
Personaggio(i)Prologo ; zanni ; Pantalone
ScenografiaIntermezzi ; apparato
RappresentazioneQualità d’attenzione del pubblico ; durata (4 ore)
RicezioneGusto del pubblico per lo spettacolo
FinalitàPiacere, divertimento
Mots-clés espagnols
GéneroComedia
Personaje(s)Prólogo ; zanni ; Pantaleón
EscenografiaIntermedios ; decorados
RepresentaciónCalidad de atención del público ; duración (4 horas)
RecepciónGusto del público por el espectáculo
FinalidadPlacer, entretenimiento
Présentation
Présentation en français
L’aspect le plus intéressant de ce prologue est d’ordre linguistique, car l’exposé est émaillé de formules idiomatiques, de proverbes et d’allusions littéraires provenant de l’imagination de l’auteur ainsi que de la langue et de la culture vénitiennes et toscanes de l’époque.
Présentation en italien
Texte
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Prologo. In comparazione del Matrimonio
{4} Abbiamo tra noi Comici determinato tantosto1 che le cortine siano abbassate, che il portinaro debba chiudere gli usci della stanza acciò che non si possa più uscire fin che non sia finita la favola ; eccovi che egli mi ha portato le chiavi, e così ve le mostro per farvi certi le porte essere serrate. Se mi domandaste a che effetto dico questo, risponderei : « per frenare l’orgoglio a quelli che volessero far torto alla nostra favola ». Se di ciò meritiamo lode o biasimo, son contento essere censurato da voi con patto che prima mi abbiate a dire il consiglio che ci dareste quando a noi, che abbiamo fatto questo apparecchio2 con intenzione di onorarvi, fosse turbata l’udienza nel più bello del recitare ; vi parrebbe onesto, ove si tratta del nostro onore, che si avessimo a mostrare galline bagnate3? E sopportare insolenza di quei capricciosi che con gridi e con {NP5} strepiti ne volessero sconciare il disegno? Certo no che non lo sopporteremmo e per non remoreggiare4 abbiamo trovato questo espediente di chiudere le porte. Bisogna che ci stiano5 perché avanti che entrassero dovevano considerare i casi loro. Vi accerto che queste chiavi non mi scapperanno dalle mani finché l’Istrione non avrà detto : « Spettatori, la favola è finita. » Parmi udir buccinare6 e dire questo essere un soggetto da irritare le sibilate7 fin dalle bocche di quelli che non ne avessero volontà. Lo crederei quando aveste da fare con quei meccanici delle scene venali8 che, per imborsare9 i vostri quattrini, vi si fanno cagnoletti. Gli uomini di onore, e massimamente gli scolari, che sanno rivolgere come fa bisogno un’azione comica in tragica, alle sibilate risponderanno con altro che con parole. Se hanno giudizio non cerchino il polso alla gatta10, ricordandosi che sono chiusi in questa stanza in cui né sforzo, né preghiera, né fortuna, ma la propria volontà gli ha condotti ; però dovranno stare al quia11 e contentarsi di quel che è lor piaciuto perché sono nel caso di colui che ha dato il sì nel matrimonio che non si può più tirare a dietro. Ma poi che l’umore di costoro tiene comunità con quello dei giugali12, vò discorrere sopra questo ghiribizzo. Chi sa, che con l’esempio di tal somiglianza non riduca le cose in pace?
Io assomiglio quelli che hanno fantasia di andare alle Commedie ad uno (per non dir molti) che disegna tor mo{NP6}glie, il quale, ancor che dia fede a Messer lo Golo13, che con ladro cicalare gli dipinge Monna tale essere di bellezza simile alle Fate e di sapienza alle Sibille e di bontade a Veridiana, che dava beccare alle serpi nella valle dell’Arcombè, pur vuole anco il parere del vicinato la cui proprietà è di non dire mai la verità nel fatto dei maritaggi. E così egli, spinto da false informazioni, e più dalla propria volontà che lo fa pensare di dover essere il bianco cornacchione, che debba trovar moglie bella, virtuosa e che sia al governo della sua roba stretta come una pigna14, con tal proposito si riduce in steccato15, ove se gli presenta davanti la Ninfa lisciata, che al paro di Maestro Cabalao16, padrino della cerimonia, gli viene a fare il proschinosso17 spagnolato della riverenza. E stando l’un per mezzo l’altro, essendogli detto se gli piace madonna tale per sua legittima mala sorte, tantosto che si è dato il sì, le piffere gridano, le genti si allegrano, e tra quel breve spazio che si consuma nel danzare e nella cena, giunge l’ora di entrare nella camera nuziale, nella quale, essendo a Monna Sposa levata la capigliera di testa, la valdrappa di dosso e le zanche18 dai piedi, rimane in così poca cizza19 che di essa quattro corvi non si potrebbero sfamare. Onde Messere lo Sposo, che vede la ragione della sua donna essere da manco dei conti degli speziali, ai quali s’abbatte il terzo del credito, e ad essa esserne battuto due, rimane più sconsolato dell’alchimista a cui si sono rotte le bocce men{NP7}tre sperava trovare l’ottone cambiato in oro. Ma conoscendo non essere rimasto loco al pentimento, si volge a bestemmiare alla disperata, biasimando la sua inavvertenza poiché è stato più sciocco di quel dottore che, nel comperare il porco, teneva gli occhiali al naso. Pur stringendosi nelle spalle entra nel letto con speranza di poter dai consigli di suo fratello, ovvero da quegli amici che dipendono da lui, trovar conforto. Ma in tal pensiero poco si ferma per vedere la mattina nell’aprire le finestre quel volto, che era rosso e bianco, cambiato in color di rapa, e così nel primo colpo infastidito non che sazio della sua natura, si dà in preda alla disperazione. Ma all’incontro, Monna Sposa, che non è un’oca, vedendosi poco gradita, e meno sovvenuta di buon governo, e che la roba, ancor che sia debole, gli viene tutta trangugiata20 dalle fantesche, si tiene essere maritata ad un pezzo di carne di spalla, a cui mai non si può trovare il filo che vada dritto ; di modo che se egli da una parte maledice chi primo parlò di tal maritaggio, essa dall’altra bestemmia chi ne è stato cagione, tal che cantandosi le lamentazioni a due cori, si continua (non dirò la Commedia), ma la tragedia finché la gondola parrocchiale ne viene a levare uno di essi per menarlo al viaggio di terraferma. A tal similitudine è dunque colui, per non dir coloro, che ha animo di andare alla Commedia, il quale prima per domandare a questo e a quello con modo sgarbato di che sorte ella sia, si scopre{NP8}talmente sciocco che ognuno a gara cerca empirgli il fuso21, ed essendogli dato ad intendere che, nel cominciamento di essa, dopo che si è gettato dai palchi una colombina con la rocchetta22 alla coda, comparisce una lauta e magnifica colazione della quale tutti ne godono abbondantemente, e che nella scena vi è un orologio, nel quale come battono le ore si apre una porta da cui escono cavalieri armati che, alla presenza di Codogno, Re di Bottenigo23, uccidono un Gigante e, fatta riverenza al popolo, ritornano nello stesso loco. Oltre di questo tutti gli intermedii essere trasparenti ; ove si vede il Turco camminare su per la corda con un cammello vivo in spalla e con un asino sotto il braccio, di modo che il galantuomo, imbarcato da simili menzogne, si riduce nella stanza, e vedendo da una parte trasparire oltre le tende archi, piramidi, colossi e dall’altra risplendere la maestà di pompose madonne e di personaggi onorati che, sopra palchi e sedili fanno di sé bellissimo spettacolo, si mette a sedere come fosse lo sposo che avesse dato il sì a Monna Commedia e, giubilando nei cimbalis bene sonantibus24 dello strepito delle trombe e del rumore dei tamburi, gira gli occhi per la prospettiva della scena a guisa di montanaro venuto alla Sensa25. Ma quando egli, invece della colomba e della colazione che aspetta con desiderio, vede uscir il personaggio del Prologo che con alti concetti discorre sopra un soggetto grave, di cui egli non è capace26, co{NP9}mincia crollare il capo come sforzato udire cosa che non le sia di gusto. Pur cerca far buona bocca sperando quel che non si è fatto nel principio doversi fare nel mezzo e con tale opinione intertenendosi27, non senza essere stimolato dal pentimento, si accorge non solo essere finito il Prologo, ma quasi tutte le scene del primo atto senza il grato passatempo dei Giannuoli e dei Pantaloni, onde adirato per la contraria riuscita di tutto ciò che si avea immaginato, si rode tra sé, e finalmente infastidito per non avere il gusto avvezzo a cibi nobili, comincia alzare la voce per mettere la favola in scompiglio. Ma i Comici, che non vogliono tollerare ingiurie, rispondendogli con brusche parole, fanno sì che egli a suo malgrado conviene stare al suo disgusto sin a guerra finita.
Onorati spettatori sarei ben cieco, quando non mi avvedessi voi avere uccellato28 me con finta di credere che dica da vero quel che favello per burla. So che voi siete accorti dell’arte che ho usato in mostrare diffidarmi dell’udienza, come se la favola fosse di poco pregio ; acciocché poi, scoprendosi essere ingegnosa e arguta tanto più essa abbia ad essere a voi grata. Or per accusarvi il punto giusto, avrete favola veramente degna di essere ascoltata da pari vostri nominata la Berenice, e di essa ne sarete voi vaghi che quelle quattro ore di tempo, che porta il tempo della rappresentazione, vi pareranno essere passate in una sola, anzi rubatavi davanti, mentre sa{NP10}rete nel più bello dell’udire. Ma per tornare alla metafora della moglie, dico che voi sarete così affezionati a questa nostra, anzi vostra (poiché la si recita per farvi cosa grata), come sono quei pane e mogliera29 che non si possono mai saziare di stringerle, di abbracciarle e di tenerle appresso, poscia che elle sono quelle care Chiocchette, e quelle dolci pepoline30, che per farvi contenti di bambinetti, studiano stare sopra le vostre ova con più pazienza che le Chioccie indiote31 che covano i mesi interi e che creperebbero piuttosto che smontare32. Mi duole che convengo metter fine a così dolce ragionamento per cagione dei miei compagni che vogliono venire in scena.
Il fine del Prologo