Dédicace
La Dalida, tragedia nova di Luigi Groto cieco di Adria
Groto, Luigi
Éditeur scientifique : Decroisette, Françoise
Description
Auteur du paratexteGroto, Luigi
Auteur de la pièceGroto, Luigi
Titre de la pièceLa Dalida, tragedia nova di Luigi Groto cieco di Adria
Titre du paratexteLuigi Groto cieco di Adria alla Ill.ma Sig.ra Cavaliera la signora Alessandra Volta
Genre du texteDédicace
Genre de la pièceTragedia
Date1572
LangueItalien
Édition In Venetia, D. et G. B. Guerra, 1572, in 8°. (Lien vers l’édition numérisée bientôt disponible)
Éditeur scientifiqueDecroisette, Françoise
Nombre de pages6
Adresse sourcehttp://www.opal.unito.it/psixsite/Teatro%20italiano%20del%20XVI%20e%20XVII%20secolo/Elenco%20opere/image139a.pdf
Fichier TEIhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/tei/Groto-Dalida-Dedicace.xml
Fichier HTMLhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/html/Groto-Dalida-Dedicace.html
Fichier ODThttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/odt/Groto-Dalida-Dedicace.odt
Mise à jour2014-10-18
Mots-clés
Mots-clés français
GenreTragédie
SujetInspiré par une femme réelle
DramaturgieSimplicité de l’œuvre / ornementation des modèles antérieurs
Action.
Relation œuvre / personnageAssimilation œuvre / protagoniste
DédicataireDédicataire garante de la dignité de l’œuvre
ReprésentationReprésentation et édition distantes de la composition
RéceptionMéfiance envers les critiques ; méfiance envers la publication
FinalitéAutobiographique ; pathétique
ActualitéRecension des modèles tragiques italiens ; allusion implicite au débat Speroni / Giraldi Cinzio
Mots-clés italiens
GenereTragedia
ArgomentoIspirato da una donna reale
DrammaturgiaSemplicità dell’opera / ornamenti dei modelli anteriori
Opera e PersonaggioAssimilazione opera / protagonista
Dedicatario e PersonaggioDedicataria garante della dignità dell’opera
RappresentazioneRappresentazione e edizione distanti dalla composizione
RicezioneDiffidenza verso i critici ; diffidenza verso la pubblicazione
FinalitàAutobiografica ; patetica
AttualitàRecensione dei modelli tragici italiani ; allusione implicita al dibattito Speroni / Giraldi Cinzio
Mots-clés espagnols
GéneroTragedia
TemaInspirado por una mujer real
DramaturgiaSencillez de la obra / ornamentación de modelos anteriores
Obra y personajeAsimilación obra / protagonista
Dedicatario y personajeDedicataria que garantiza la dignidad de la obra
RepresentaciónRepresentación y edición distantes de la composición
RecepciónDesconfianza hacia los críticos ; recelo ante la publicación
FinalidadAutobiográfica ; patética
ActualidadEvocación de los modelos trágicos italianos ; alusión implícita al debate Speroni / Giraldo Cinzio
Présentation
Présentation en français
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Texte
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Luigi Groto cieco di Adria alla Ill.ma Sig.ra Cavaliera La signora Alessandra Volta11
{NP 3}Io, che per giacer nello stato in cui sanza mai rilevarmene mi gettarono da prima la natura e la fortuna congiurate a miei danni, quella con lo spogliarmi della luce e questa col privarmi d’ogni ricchezza, non posso trovare, anzi non debbo ricercar moglie. E tuttavia portai sempre legato al cuore un desiderio gravissimo di ottener figliuoli, in cui par che si rinovi la memoria dell’attempato padre, e che egli ringiovenito viva dopo la morte. Mi sono andato con ogni {4} studio ingegnando di scovrire a me medesimo un’arte ond’io potessi impetrarne sanza sposa e sanza spesa. Il che mi è succeduto a punto a misura del mio desiderio, percioche io solo sanza donne (non perché elle non piacciano summamente a me, ma perché io per lo mio infelicissimo stato summamente dispiaccio loro) col natural seme, e con la spirital fecondità di quello intelletto che al padre delle stelle è piaciuto infondermi12. Son venuto e vengo tuttavolta ogn’or per me stesso concependo e producendo figli e figliuole con maggior privilegio che non han gli altri padri. Poiché i figli miei (pur che io conosca i difetti loro) posso correggere e castigare, formare e riformare a mio senno. Quasi adunque in su le porte della mia fanciullezza produssi una figlia a cui, in memoria di chi non tenne mai memoria di me, posi nome Dalida13. Questa tra per14 lo nome che portava e per la primogenitura che possedeva, mi era oltra ogni creder cara. Io stesso la generai, io medesimo la partorii, ed io proprio la mi allevai in tal modo che non volli, anzi non potei mandarla ornata di gemme, di perle, d’oro, d’ariento, d’ostro o di seta, habiti dicevoli alle Rosimonde, alle Canaci, ed alle Dido{5}ni15, ma, come sosteneva il mio grado, cercai ricovrirla d’un semplicissimo drappo di lino. Mai non le diedi libertà di porgere il guardo fuori della finestra, o di trarre il passo suo della porta, di mettersi bionda sopra le chiome o liscio sovra la faccia. Ma ritenendola sempre in camera meco, ed ordinandole che ogni artificio schifando, se ne stesse contenta del suo nativo colore. A pena le concedeva licenza di lavarsi il viso con l’acqua pura, pur mo16 recata dal fiume. E perché io come tenero padre amava la sua fattura, e come giusto giudice conosceva la sua bruttezza, non permisi mai che si specchiasse in specchio di rigoroso giudicio, disegnando dilettare me solo nelle sue delizie e per mio trastullo confinarla per sempre in casa. Tra tanto ella giunse ad un’età da marito. Ed io che non mi sentiva polso per maritarla, e attendeva a far vezzi all’altre fanciulle sorelle sue che di mano in mano venian crescendo, come la Ginevra, la Adriana, la Isabella e la Calisto17, obbliai l’amor già si vivo della Dalida, e la lasciai per pizzocchera18 rimessa. Ma ora essendo violentato da una forza impensata ed irreparabile a lasciarla uscire, fattalami venire innanzi le dissi : «Dalida, poiche pur deb{6}bo farti da me lontana, io non saprei elegger luogo nè a te più sicuro, nè a me più grato che metterti per donzella e per servitrice d’una cavaliera illustrissima, specchio dell’onestà vedovile, lampa della gloria femminile, aura della creanza gentile, giardino dei costumi reali, gemma non pur della famiglia donde uscì, o di quella dove entrò, ma di Bologna sua patria, anzi di Italia, anzi di Europa tutta, ed in cui in somma giostrano con singolarissime prove tutte le bellezze dell’animo e del corpo, a cui servendo tu sarai invidiata dalle più alte principesse del mondo, da cui essendo tu accolta diverrai tanto ricca e bella quanto ora povera e brutta sei. Se tu fossi già stata più nobile io le ti avrai mandato più tosto, e s’ora più nobil fossi più volentieri le ti manderai. S’ella si meraviglierà dell’andata tua, dille che mente mia era che tu sempre ti sedessi nelle stanze paterne. Ma che ora dovendoti mandar fuori, nè posso, nè so, nè voglio, nè debbo mandarti altrove, che a Sua Sig[nora] Illustriss[ima] non perché la tua servitù e la mia dedicazione apporti onore o pro a lei, ma perché l’ombra di lei faccia schermo e arrecchi dignitade a te e a me insieme. Nè ti atteriscano cotesti diffetti {7} tuoi. Che nel benignissimo spirito non mirerà al tuo picciol merito, ma alla sua somma benignità come anco mirò nel ricever la corona che di dodici fiori contesta io già le posi sovra le biondissime treccie»19. La Dalida avendo compreso la proposta di colui che le è padre, e il nome di colei che le deve esser Padrona, con suprema allegrezza me ne baciò le mani, e supplicommi ad accelerar questa sua partita. Io dunque la mando, ed ella ne viene, e V[ostra] S[ignoria] Illust[rissima] si degni scendere a ricever per serva la figlia con quelle serene accoglienze, con cui ricevè per servo anco il padre, e tenerla in mio luogo mentre anch’io vengo costà a visitar la mia Illustrissima Signora, a la mia carissima prole. La quale è ben si onestamente creata, che potrà conversare ancor con la Illustre Signora Orsina sua dignissima figlia, a cui vo apparecchiando un forse più nobile dono, quando io conosca questo non essere spiaciuto a V[ostra] S[ignora] Illustrissima, e a lei, alle quali giuntamente bacio con la bocca dell’umiltà le mani, pregando nostro Signore che quante sventure hanno a piover mai sovra la casa Volta, o Grota, si rinchiudan tutte in questa tragedia, lo quale io consacro col cor divoto, e con la man ri{8}verente alla divinissma Signora Alessandra Volta. E si come il Cavaliere Gerosolomitano non isprezzò la gentilissima Gismonda20, nè l’eccellentissimo duca di Ferrara la Orbecche modello dell’altre21, nè il Cattolico rè di Spagna la nobilissima Medea22, nè il Vescovo di Terracina la vaghissima Cleopatra23, nè il santissimo Papa Leon decimo la Sofonisba, Reina24 di cotai matrone, così V[ostra] S[ignoria] Illus[trissima] non isprezzi la mia Dalida, la quale, ancorché si rimanga tanto di sotto all’altre quanto io resto da i lor genitor lontano, porta pur seco questo nome heroico di Tragedia, e questo argomento della mia affezione, che, potendo, offrirebbe cosa maggiore,
Di Adria, alli 29 di Febbraio 1572.