Prologue
Tempesta amorosa. Comedia di Alessandro Donzellini
Donzellini, Alessandro
Éditeur scientifique : De Capitani, Patrizia
Description
Auteur du paratexteDonzellini, Alessandro
Auteur de la pièceDonzellini, Alessandro
Titre de la pièceTempesta amorosa. Comedia di Alessandro Donzellini
Titre du paratextePrologo
Genre du textePrologue
Genre de la pièceComédie
Date1605
LangueItalien
ÉditionVenise, Roberto Meglietti, 1605, in-12°. (Lien vers l’édition numérisée bientôt disponible)
Éditeur scientifiqueDe Capitani, Patrizia
Nombre de pages5
Adresse sourcehttp://www.opal.unito.it/psixsite/Teatro%20italiano%20del%20XVI%20e%20XVII%20secolo/Elenco%20opere/image260.pdf
Fichier TEIhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/tei/Donzellini-Tempesta-Prologue.xml
Fichier HTMLhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/html/Donzellini-Tempesta-Prologue.html
Fichier ODThttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/odt/Donzellini-Tempesta-Prologue.odt
Mise à jour2013-04-05
Mots-clés
Mots-clés français
GenreComédie
SujetModerne
DramaturgiePéripéties
LieuUnique : la ville de Viterbe
ActionSimplicité
Personnage(s)Personnages sérieux
ScenographieDécor
ReprésentationChants, musique
FinalitéPlaisir ; divertissement
AutreOrigine de la comédie
Mots-clés italiens
GenereCommedia
ArgomentoModerno
DrammaturgiaPeripezie
LuogoUnico : la città di Viterbo
AzioneSemplicità
Personaggio(i)Personaggi gravi
ScenografiaScena
RappresentazioneCanti, musica
FinalitàPiacere ; divertimento.
AltriOrigine della commedia
Mots-clés espagnols
GéneroComedia
TemaModerno
DramaturgiaPeripecias
LugarÚnico : la ciudad de Viterbe
AcciónSencillez
Personaje(s)Personajes graves
EscenografiaDecorado
RepresentaciónCantos ; música
FinalidadPlacer ; entretenimiento
OtrasOrigen de la comedia
Présentation
Présentation en français
Présentation en italien
Texte
Afficher les occurrences dans les notes
Prologo
{10 r°} Spettatori, io non ho voluto venire innanzi a voi in questo nobilissimo teatro in abito incognito o straniero fingendo esservi portato dall’isole d’Eolia da Zefiro o da Noto per dirvi con maniere inusitate e nuove le parti prima incognite ai naviganti o mostrarmi bene ammaestrato in quelle scienze, nelle quali sono molti fra voi più che mediocremente intendenti, e altri ne fanno professione a balista carica3. E mentre con gioia qui raccolti pensate di udire una commedia non vi siete ingannati punto. E per non differire il piacere che quindi4 cavare o sperate o bramate, alti intelletti5 lascio di comune sentenza di questi miei maggiori che mi mandano a voi far discorso, se l’amor che vi portano sia per elezione o per causa, come si ami e come vuole o deve esser temprato l’amo{10 v°}re e l’amicizia e altre cose che fuori dall’occasione e del tempo noia piuttosto apporterebbero che utilità o diletto. Oppure perché questa commedia (credo bene che vi accorgiate che questo mostra la scena che vedete) sia differita in questo punto, le difficoltà, i disturbi e altre cose che vi concorrono, poiché voi stessi immaginar le potete, ovvero sarebbero inutili e soverchie. O aggiungervi come appendice se a questo concorrono i segni celesti e gli influssi loro, i quali oltre la volontà nostra non hanno impero sopra di noi, come sanno quelli che s’ingabbiano nella sfera discorrendo sopra le regioni del Polo Artico e Antartico, che io come non professore delle scienze matematiche resterei astratto per linea perpendicolare al nostro Zenit. Questi spettacoli, mi direte, constano di pittura e di poesia, libere ambedue e d’ogni legge sciolte ; ed eccovi generosi spiriti che punto non v’ingannate, ed io vengo a farvi sapere che in questa scena si ha da rappresentare una commedia e nel medesimo tempo gli occhi appagherete e l’udito, sensi tanto cari e necessari a chi spira, a chi vive. Così, tolta vi sia la tediosa lunghezza di dichiararvi quali siano gli artifici dei capitelli corinzi, quali intagli dorici, quali fre{11 r°}gi compositi o ionici o pur le porte di bugni rustici e toscane, che oltre che s’è andata seguitando la semplicità amica della natura, voi il tutto ben considerate e intendete se cosa v’è degna del negozio e di voi. Tutto questo vi lascio, e lascio ancora il ripetervi la nobiltà della scena per la sua grandezza, per gli uomini che gli hanno dato vita e per le città principalissime che vi diedero opera in quei beati tempi. Dai quali secoli a noi si conservano appena alcuni antichi vestigi di teatri, anfiteatri, prosceni ed altri tali che quanto dissi ravvivano agli intelletti nostri. Per il che si contende ancora tra i Greci e noi chi ne fosse l’inventor primo e la Toscana stessa fin qui è sugli avvisi, con la lancia sulla coscia per provare e difendere che diede il primo modello della scena dove cantarono, benché rozzamente, i primi agricoltori dopo le rendute grazie a Bacco, Cerere e Pomona, sui primi freddi autunnali, satire e villesche, ballate, con semplicetta scorza coperto il volto dove il rossor più appare, ornati di spighe e d’uve. E in quella lingua, che mercè della potenza dei Romani s’è fatta incognita e oscura, che fu il parlare etrusco, del quale nessuno uso abbiamo, se non poche figure da noi non intese né da altri. Più alto pog{11 v°}giar6 convienmi nel ragionar con voi e scoprirvi un segreto sin qui non bene inteso, ed è tale, che noi obbligati alle virtù vostre, veniamo a far mostra di noi solo per avere in premio l’esser’amati. A voi nobilissime donne un altro di più importanza, che è quell’affetto che ha operato in noi tanto di farci vostri servi non ad altro fine che di lodarvi e onorarvi, ed in questa azione sia giudice amore stesso, mentre le accese scintille dei nostri cuori, ripercosse dal ghiaccio dei vostri candidi seni, fanno disuguale, ma pur comportato7 da noi premio al servir nostro. E se bellezza e crudeltà congiurate insieme siano degne d’esser comportate nel suo regno e volendovi ostinatamente far palese, benché senza frutto e senza speme, quanto siano gravi le amorose cure degli amanti, e sospiri cocenti, i pensieri torbidi, i disegni fallaci, le noie gravi, i martiri certi, le speranze dubbie, ecco vengono a farvi dono delle fatiche loro in rappresentarvi una commedia sotto nome di Tempesta Amorosa. Ma perché così orrido nome non vi spaventi vi s’impone la prudenza di personaggi gravi per tener gli animi vostri pieni di gioia e di contento. Restami a dirvi che quella città è Viterbo, o quello mostra almeno, emu{12 r°}la di Cinto e di Parnaso. Ma bene a queste altissime torri conoscer la potete, ed ecco il pittore padre d’Alcide giovenetto Scolare innamorato e seco Olindo suo servitore: uditeli.
Il fine del Prologo.