IdT – Les idées du théâtre


 

Dédicace

Tempesta amorosa. Comedia di Alessandro Donzellini

Donzellini, Alessandro

Éditeur scientifique : De Capitani, Patrizia

Description

Auteur du paratexteDonzellini, Alessandro

Auteur de la pièceDonzellini, Alessandro

Titre de la pièceTempesta amorosa. Comedia di Alessandro Donzellini

Titre du paratexteAlla Signora Talia. Benemerita del Senato e Popolo delle Muse, Archimandrita delle Comedie, ecc.

Genre du texteDédicace

Genre de la pièceComédie

Date1605

LangueItalien

ÉditionVenise : Roberto Meglietti, 1605, in-12°. (Lien vers l’édition numérisée bientôt disponible)

Éditeur scientifiqueDe Capitani, Patrizia

Nombre de pages10

Adresse sourcehttp://www.opal.unito.it/psixsite/Teatro%20italiano%20del%20XVI%20e%20XVII%20secolo/Elenco%20opere/image260.pdf

Fichier TEIhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/tei/Donzellini-Tempesta-Dedicace.xml

Fichier HTMLhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/html/Donzellini-Tempesta-Dedicace.html

Fichier ODThttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/odt/Donzellini-Tempesta-Dedicace.odt

Mise à jour2013-05-27

Mots-clés

Mots-clés français

GenreComédie ; différence entre comédie et tragédie

ReprésentationCritique des intermèdes, du spectacle

RéceptionCrainte des critiques venant des doctes et des pédants

FinalitéÉmouvoir ; susciter la compassion et ne pas susciter l’horreur

Mots-clés italiens

GenereCommedia ; differenza fra commedia e tragedia

RappresentazioneCritica degli intermezzi, del spettacolo

RicezioneTimore della critica dei dotti e dei pedanti

FinalitàCommuovere ; toccare e non suscitare l’orrore

Mots-clés espagnols

GéneroComedia ; diferencia entre comedia y tragedia

RepresentaciónCrítica de los intermedios, del espectáculo

RecepciónTemor ante las críticas de los doctos y de los pedantes

FinalidadConmover ; suscitar la compasión y no horrorizar

Présentation

Présentation en français

Dans sa dédicace à Thalie, muse de la comédie, le poète commence par évoquer certains lieux communs courants sur le peu de considération dont jouit la comédie aux yeux de certains pédants par rapport à la tragédie. Leur avis, toutefois, ne compte pas puisque la comédie continue d’être appréciée.

Loin d’être un exercice facile, écrire des comédies est un travail de doctes ; sans compter que l’activité d’écriture expose ceux qui la pratiquent à maintes attaques et critiques. L’auteur déplore que la comédie ait été dénaturée par l’ajout d’intermèdes et d’autres éléments spectaculaires, qui ne sont pas davantage précisés, au point de ne plus être appréciée.

Dans la deuxième partie de sa dédicace, l’auteur discute de l’opposition entre comédie et tragédie. Il souligne que la première vise à émouvoir le public en suscitant des émotions, tandis que le but de la deuxième est de provoquer l’horreur par l’étalage de meurtres, de sang et de violences concernant des princes et héros. Ces idées sont exposées sur le ton de la plaisanterie à travers la personnification de Melpomène, muse de la poésie tragique qui considère avec mépris l’auteur comique en le renvoyant chez Thalie sans lui avoir adressé la parole.

Cette dédicace comporte deux éléments particulièrement intéressants. Le premier est que l’auteur défend non pas la comédie qui fait rire, mais plutôt la comédie sérieuse, ou tragi-comédie, fondée sur le mélange entre rire et larmes comme l’on disait depuis la seconde moitié du XVIe siècle1. Le deuxième, en revanche, est d’ordre formel et concerne l’expression du texte liminaire, ravivée par des proverbes, des formes idiomatiques au caractère régional et populaire, ainsi que des citations provenant autant de poètes de l’Antiquité (Horace) que d’auteurs plus modernes (l’Arioste).

Présentation en italien

Su di un tono scherzoso, nella dedica a Talia, musa della commedia, il Poeta richiama i soliti luoghi comuni sulla scarsa considerazione di cui gode la commedia, rispetto alla tragedia, agli occhi di certi pedanti, il cui parere, però, non conta, visto che la commedia continua ad essere apprezzata. ; Scrivere commedie non è infatti esercizio facile, ma opera di dotti; senza contare che lo scrivere è attività che espone ad attacchi ed a critiche. L’Autore deplora che la commedia sia stata talmente snaturata con l’aggiunta di intermezzi ed altri elementi spettacolari esterni non specificati che non è più apprezzata. ; Nella seconda parte della dedica, l’Autore discute dell’opposizione fra commedia e tragedia sottolineando che la prima vuole commuovere suscitando emozioni, mentre lo scopo della seconda è di suscitare l’orrore mostrando morti, sangue e vicende che coinvolgono principi ed eroi. Questi concetti sono scherzosamente esposti attraverso la personificazione di Melpomene, musa della tragedia, che considera con disprezzo l’autore di commedie rimandandolo da Talia senza neanche rivolgergli la parola. ; Questa dedica presenta due elementi significativi. Il primo risiede nel fatto che l’autore difende non tanto la commedia che provoca il riso, quanto la commedia cosiddetta seria o tragicommedia, dove le lacrime si mescolano con il riso come si diceva sin dalla metà del XVI secolo2. Il secondo è invece di carattere formale poiché il poeta ravviva l’espressione della dedica ricorrendo a proverbi, formulazioni idiomatiche a forte caratterizzazione regionale e popolare ed a citazioni da poeti antichi e moderni quali Orazio e l’Ariosto.

Texte

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Alla Signora Talia3 Benemerita del Senato e Popolo delle Muse, Archimandrita4 delle Commedie ecc.                    

{5} Se con l’animo meno alterato del solito leggerete questa mia, vi sarà pur troppo chiaro che non ho commesso così grave errore, come vi è stato presupposto dai malevoli, a star tanto tempo a venire a visitarvi, essendo nota quella trivial sentenza « è meglio tardi che mai ». Ma in vero sono stato un tempo in forse {NP 5v} se dovevo venire io stesso ad offrirvi questa mia mal lambita sconciatura5, oppure d’avvisarvi d’alcune cose per lettera. E insomma, tratto in varie parti l’animo dubbio e mal risoluto, finalmente ho concluso nel consiglio dei miei torbidi pensieri, che essendo sentenza di quel gran dotto che la lettera non si vergogna né prende rossore, sia bene però6 di scapricciarmi7 con lo scrivervi, essendomi venuta comoda occasione del presente poeta, stracco per non so che lungo viaggio, che mi ha detto venire alla volta vostra. Vengo a significare adunque alla vostra Commediaggine8 che non vi curiate molto di pubblicarmi per vostro familiare, non già perché il vostro merito non sia altisono e prestante, ma perché, a dirvi il vero, questo nome appresso ad alcuni, che hanno più lungo il naso che il giudizio, mi ha dato poca reputazione, che il {6} tutto non starò qui a resecare al vivo9, non sapendo quei tali i meravigliosi encomi di questo antichissimo genere di Poesia, benché come tali, si devono tenere in quel conto che tien la luna il latrar dei cani10. Con tutto questo vi è mancato poco che non abbia fatto con galanteria da voi una bellissima ritirata, perché vedevo che non potevo star nella vostra corte senza darmi alla fatica bestialmente, il che è contro il genio e natura mia. Benché per molte occupazioni e gravissime persecuzioni dei miei malevoli, come potete avere inteso, mi conoscevo mal atto a rimettermi nel ballo di simili componimenti, che sono soggetta materia da dotti e sfaccendati, oltre che voi sapete molto bene che l’ignorante e asinesco volgo vuol darvi di becco11 ogni tratto e poi tant’oltre è giunto il disordine di alcuni altri che, lasciata quella sem{NP7}plicità di tibie destre e sinistre12 che tanto piacque agli antichi legislatori delle commedie, l’involgono oggidì fra gli intermedi di così gravi e soverchie spese13 che il soggetto comico, travasato in altra specie, resta ignobile e mal gradito e forse contrappuntato in mille strane fogge e maniere come cosa vile e di nessun conto. Ma udite di grazia come il più delle volte le disgrazie vanno a coppia, che volendo io far qualche poco di spalliera e servitù alla illustre Signora Melpomene14 vostra sorella, già tesoriera delle tragedie, mi parve che mi sgrufasse un poco15. E quanto cavai di buono da quella sua matrignevole prosopopeia baldacchinesca16 fu che non volse ella stessa ornarmi d’un cappello reprensivo17, ma mi fece intendere, così extra muros, dalla bossola, come per cerabottana18, che essendo io di genio inclinato alla compassione, so{NP8}no poco atto a movervi gli altri. Atteso che nella sua corte vuole uomini collerici, saturnini, marziali, tremebondi e che con orrido tuono e spaventevol boato sappiano recitare le morti e sanguinosi successi dei gran principi ed eroi. E detto fatto in una generale udienza che dava tra diverse genti, fra le quali erano certi pochi ornati di serto di alloro19, fra cipressi e mirti in un suo giardin secreto, vedutomi fra la turba, con grave e severo ciglio mi accennò20, ed io accostatomi là, come il cane pauroso con la coda fra le gambe, ecco che mi rende il memoriale cavato dalla filza dei reietti con una bella volta di schiena con questo rescritto : « Vada da Talia. ». Ora se questa fu licenza cortigianesca o a lettere di scatola ditelo voi e se mi trovi d’animo disposto alle commedie. E però non voglio venirvi innanzi con certe belle scu{NP9}sette e col bocchin rotondo : poiché sta in arbitrio della vostra saccentaggine di credere, o non credere, come è il breve tempo, l’occupazione, la persecuzione dei nemici, sì che non sia mediocremente riuscibile all’aspettazione: perché voi che siete savia zucca, ed avete in pronto botta risposta; mi avreste voi dato di primo lancio, un « Admisit si et in quantum »21, soggiungendo poi, « Dovevi legger prima il nostro Orazio » :

Et si prema oltre a ciò nove anni dopo.

Ovvero quando il medesimo Poeta fa così caritatevole avvertimento a chi si becca il cervello22 di sapere quello che non sa, quando egli disse :

Chi di giuoco non sa di palla o palo
Spettator siede a rimirare gli altri23.

Dovevi rivederla bene, e pure noi altre {NP10} donne, che voi uomini tenete di manco giudizio24, non ci lasciamo vedere alla finestra fin che non abbiamo dato il profilo al volto e ridotta la testa in capricciosa architettura e travisate25 le guance di mille stravaganti colori. Ond’io lascio queste scusette dubitando che voi non le teniate per magre et « prout iuris26 ». Nè meno mi pareva a proposito di racchiudere le medesime ed altre in una lettera al candido lettore. Ma ho voluto venire io alla bella fontana viva a dire i miei guai, per assicurarmi alquanto dai malevoli, acciò stiano su la loro nel far giudizio, che non è cosa da ognun di dare o passare l’avvertimento della pianella27. Voi mi potreste dire che Zeusi28 per far la sua Elena volse veder cinque donzelle ignude: meglio a mio giudizio fu l’astuzia di Apelle, che non fornì29 la sua Venere. Se bene questi critici {NP11} con un sogghigno e con laudare a mezza bocca, aggiunto un ma, radono fino all’osso30 e ben si servono del Lirico quand’egli disse, ma in altra lingua :

Chi vieta dir’ il vero anco ridendo31.

E pur voi sapete come si parla anfibologicamente per non dare il premio integro alla virtù. Vengo alla conclusione e vi dico che se voi vedete che io non sia fatto indegno dei vostri favori, m’impetriate un passaporto dal vostro M. Apollo per aver sicuro accesso alle vostre acque Ascree32, con salvacondotto, che dal cavallo Pegaseo non mi sia impressionata qualche coppia di calci in cambio di lettera di benservito. Acciò io possa portare al frontispizio del nicchio della vostra solita residenza qualche dono, se non della prima classe, almeno di quelli che disse il nostro {NP12} poeta M. Lodovico Ariosto :

Che quanto io posso dar tutto vi dono33.

Del che vi terrò obbligo singolarissimo, e perché sono stato più lungo del dovere, e che questa mia vi ha pieno l’una e l’altra mano, acciò M. Apollo non rampogni, o alcuna delle vostre sorelle, facendo fine34 la carta e il lume, fo fine ancora io ; aspettando da voi qualche piacevole avvertimento, sopra questo mio poco dono, e pregando buon successo nei vostri desideri vi fo una umilissima inchinata, et vi bacio il zoccolo, raccomandandomi in grazia più delle minute arene.

Data nell’Eremo del Bosco Elerno di Giunone, appresso al lago Volsineo35, il dì medesimo di quest’anno corrente, ecc.

Di Vostra Signoria Servitore Affezionatissimo. {NP13} E di grazia stracciate la presente, letta che l’avrete per buon rispetto, ed avendomi a rispondere fate la mansione36 in nome d’un altro, che me la renda poi, o con la cifra37.