IdT – Les idées du théâtre


 

Prologue

II Marescalco

Aretino, Pietro

Éditeur scientifique : Decroisette, Françoise

Description

Auteur du paratexteAretino, Pietro

Auteur de la pièceAretino, Pietro

Titre de la pièceII Marescalco

Titre du paratexteIstrione solo

Genre du textePrologue

Genre de la pièceComédie

Date1533

LangueItalien

ÉditionVenezia : Bernardino dei Vitali Veneto, 1533, in-4°

Éditeur scientifiqueDecroisette, Françoise

Nombre de pages7

Adresse sourcehttp://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/

Fichier TEIhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/tei/Aretino-Marescalco-Prologue.xml

Fichier HTMLhttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/html/Aretino-Marescalco-Prologue.html

Fichier ODThttp://www.idt.paris-sorbonne.fr/odt/Aretino-Marescalco-Prologue.odt

Mise à jour2012-12-04

Mots-clés

Mots-clés français

GenreComédie

SujetInventé

DramaturgieDramaturgie d’acteur / dramaturgie d’auteur ; canevas

ActionSaynètes comiques ; lazzis

Personnage(s)Vieillard avare ; Amoureux et Amoureuse ; Entremetteuse ; Soldat fanfaron ; Parasite ; Capitaine

ComédiensTroupe ; hiérarchie

ReprésentationCostumes ; décors ; accessoires

RéceptionAdresse aux spectateurs ; liens comédiens / public ; public cultivé / public populaire

FinalitéPlaisir ; divertissement ; rire

ExpressionLangages comiques ; rhétorique du corps

MetadiscoursPratique du prologue ; de l’argument

Relations professionnellesDistribution des rôles ; performance scénique ; gestualité de l’acteur ; improvisation

AutreMusique ; madrigaux ; Tromboncino ; Marco dell’Aquila

Mots-clés italiens

GenereCommedia

ArgomentoInventato

DrammaturgiaDrammaturgia d’attore / drammaturgia d’autore ; canovaccio

AzioneScenette comiche ; lazzi

Personaggio(i)Vecchio avaro ; Innamorati ; Ruffiana ; milite glorioso ; parassito ; Capitano

AttoriCompagnia ; ierarchia

RappresentazioneCostumi ; accessori

RicezioneRichiamo allo spettatore ; legami comici / pubblico ; pubblico colto / pubblico popolare

FinalitàPiacere ; divertimento ; riso

EspressioneLinguaggi comici ; retorica del corpo

MetadiscorsoPratica del prologo ; dell’argomento

Rapporti professionaliDistribuzione delle parti ; performance scenica ; gestualità dell’attore ; improvvisazione

AltriMusica ; madrigali ; Tromboncino ; Marco dell’Aquila

Mots-clés espagnols

GéneroComedia

TemaInventado

DramaturgiaDramaturgia de actor / dramaturgia de autor ; canamazo

AcciónEscenas cómices ; lazzi

Personaje(s)Viejo avaro ; enamorado ; enamorada ; mediadora ; soldado fanfarrón ; parásito ; Capitán

Actor(es)Compañía teatral ; jerarquía

RepresentaciónVestuario ; accesorios

RecepciónEnvía al espectador ; lazos comediantes/público ; público cultivado / público popular

FinalidadPlacer ; diversión ; risa

ExpresiónLenguajes comices ; retórica del cuerpo

MetadiscursoPráctica del prólogo ; practica del argumento

Relaciones profesionalesDistribucion de papeles de teatro ; realización escénica ; gestos del actor ; improvisación

OtrasMusica ; madrigales ; Tromboncino ; Marco dell’Aquila

Présentation

Présentation en français

La rédaction définitive de la comédie Il Marescalco de Pietro Aretino est conditionnée par le nouveau contexte où évolue l’auteur après son expatriation de Rome à Venise. De ce fait, affirme Giulio Ferroni, la comédie semble « gérée par un autre que lui » et elle porte en elle-même « la prise de conscience du conflit entre l’auteur et le théâtre»1. L’expression la plus directe de ce conflit se trouve dans le prologue joué par un Histrion seul en scène, contraint à cet exercice contre sa volonté. Comme le protagoniste de la comédie, le « maréchal » « rétif avec les femmes », contraint par son maître à prendre épouse et trompé par ses compagnons qui mettent dans son lit un page déguisé, l’Histrion est le porte-parole de l’auteur confronté à des codes d’expression théâtrale inconnus de lui. Ce qui frappe, c’est la longueur du prologue, qui absorbe l’argument en le réduisant à quelques lignes pour développer une réflexion de poétique théâtrale dramatisée, très originale. L’Histrion, dans une succession de courtes scènes improvisées, joue tous les rôles topiques, masculins et féminins, jeunes et vieux, nobles et serviteurs, qui alimentent le « répertoire » théâtral des comédiens professionnels, montrant qu’il a à sa disposition, dans son esprit, dans son corps, dans sa voix, le matériel nécessaire au jeu comique, sans avoir recours à l’autorité d’un lettré. Il ne s’agit pas d’une attaque banale contre la comédie, mais d’un proto-répertoire de l’Art du comédien, dont l’Arétin a laissé d’autres traces2, qui documente l’émergence d’une dramaturgie d’acteur opposée à la dramaturgie d’auteur.

Présentation en italien

La stesura definitiva della commedia Il Marescalco di Pietro Aretino rissente del nuovo contesto nel quale l’autore è coinvolto dopo l’espatriazione da Roma a Venezia. Così che la commedia, secondo Giulio Ferroni, pare gestita «da qualcun’altro», e porta in sè «la presa di coscienza del conflitto tra l’autore e il teatro»3. L’espressione più diretta di questo conflitto sta nel prologo recitato da un Istrione solo in scena, costretto contro voglia a ciò fare. Al pari del protagonista della commedia, il Marescalco «ritroso con le donne», costretto dal padrone a prender moglie e burlato dai compagni che gli mettono nel letto un paggio travestito, l’Istrione è il porta-voce dell’autore confrontato a codici d’espressione teatrale a lui ignoti. Colpisce la lunghezza di quel prologo, che assorbe l’argomento restringendolo a poche linee per sviluppare una riflessione di poetica teatrale drammatizzata, del tutto originale. L’Istrione, in una serie di vivaci scenette all’improvviso, indossa tutte le parti topiche, maschili e femminili, giovani e vecchi, nobili e servili che alimentano il ’baule’ teatrale dei comici professionali, dimostrando di avere a sua disposizione, nella mente, nel corpo, nella voce, il materiale necessario alla recita comica, senza ricorso all’autorità del letterato. Non si tratta di un banale attacco contro la commedia, ma di un ‘proto-generico’ dell’Arte, di cui esistono altre traccie aretiniane4, che documentano l’ermergenza di una drammaturgia d’attore contrapposta alla drammaturgia d’autore.

Texte

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ISTRIONE solo

{http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f8.image} Se non che io ho riguardo a quella nobile gentilezza, la quale vi ha fatto degnare di venire a ornare, et a onorare questo luogo con le vostre divine presenze si come orna e onora il mondo con le sue divine Magnificenze il grande HIPPOLITO DE MEDICI5, per Dio, a fe, per questa croce, che io adesso adesso, mo mo, or ora, in questo punto, mi asconderei in uno ed cetera, accioché i miei compagni non mi avessero istasera alla loro commedia6. E la cagione è che i bufoli hanno dato la cura del prologo e dello argomento7 ad un goffo, ad un bue, ad un moccione, che non gli basta l’animo di venirvi a dire come.

Il Magnanimo Duca di Mantova8 esempio di bontà e di liberalità nel nostro pessimo secolo, avendo un Marescalco ritroso con le donne, come gli usurai con lo spendere, gli ordina una burla, per via della quale gli fa tor moglie con nome di quattro mila scudi di dota, e strascinatolo in casa del gentilissimo Conte Nicola9, albergo di virtù e rifugio de i vertuosi, sposa per forza un fanciullo, che da fanciulla era vestito. E scopertosi lo inganno il valente uomo ne ha più allegrezza nel trovarlo maschio, che non ebbe dolore credendolo femmina. Ora se si pecca mortalmente a non dare un cavallo a quel venerabile castrone che non ha paura d’essere un cuium {http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f9.image} pecus10, e teme di favellare nel conspetto vostro ditele voi; anzi lo meriterebbero gli stregoni, volli dire istrioni che gli diedero cotal carico. E sappiate, Signori, che non era error niuno a far che trasformato in ogni persona, io solo vi appresentassi tutto quello che i miei sozii tutti insieme vi reciteranno, e che sia il vero che io vaglia più di loro, udite me, ed udite poi essi, giudicate de i nostri meriti.

Se io avessi a farvi lo argomento (o serviziale11 che lo chiami il Petrarca) non è speziale ne spedale che io non facessi parere una bestia. Io me ne verrei via togato e laureato (caso che il lauro non fosse sì occupato intorno alle osterie che non mi potesse servire) e mostrando gravità nel passeggiare, maestà ne lo arrestarsi, e probità nel guardare, direi:

«Spettatori snello ama unquanco12, e per mezzo di scaltro a se sottragge13 quinci e quindi uopo, in guisa che alle aurette estive gode dello amore di invoglia facendo restio sovente, che su le fresche erbette al suono dei liquidi cristalli cantava l’oro, le p[er]le, e l’ostro di colei che lo ancide»14.

Se io fossi una Roffiana con riverenza parlando, io mi vestirei di bigio, e discinta, e scalza con due candele in mano, masticando paternostri ed infilzando avemarie dopo lo avere fiutate tutte le chiese, spierei che ‘l messere non fosse in casa, e comparsa alla porta di Madonna la percoterei pian piano, ed impe{http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f10.image}trato udienza, prima che io venissi al quia15 le conterei i miei affanni, i miei digiuni e le mie orazioni, e poi con mille novellette rallegratola, le entrerei nelle sue bellezze, che tutte gongolano nello udir lodare i loro begli occhi, le lor belle mani e la lor gentile aria, e facendo meraviglie del riso della favella, della rossezza delle labbra e della candidezza de i denti, sguainato fuori una esclamazione direi: «O Madonna tutte le belle di Italia non sarebber degne di scalzare un pelo alle vostre ciglia», e tosto che io l’avessi vinta con le arme de le sue lodi, sospirando le direi, la vostra grazia ha mal concio il più leggiadro giovane, il più vago ed il più ricco di questa città, ed in un tempo le pianterei una letterina in mano, e mi mancarebbeno16 scuse cogliendomici il suo marito. E forse li saprei dire altro che lino da filare ed uova da covare.

Caso che io fossi Madonna schifa il poco17, che facea della ciriegia18 duo bocconi, e di quella cosa una. Tosto che la sopradetta ruffiana mi ponesse la lettera in mano, la guarderei prima a questa foggia ed in cotal modo, e poi, dandole d’una vecchia poltrona nel capo, le direi con le dita in su gli occhi, «io io, ti paio di quelle ant’incanta nebbia, beve bambino, caccia diavoli»19; e squarciata e calpesta la carta la sospignerei20 giù per la scala, ed appena toltomela dinanzi21, ripigliato i pezzi di essa e {http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f11.image} ricongiuntogli insieme, ed inteso il tenor suo, mi apprenderei al partito che pigliano le savie; e che la imbasciata mi fosse stata cara non alla maniera riferita dalla apportatrice, né farei segno allo amante dal balcone, sorridendo così, ed inchinandomigli così e così, vezzeggiando con la testa in cotal guisa, e con la bocca acconcia così, stringerei le labbra alquanto, e di poi le aprirei con certi sospiretti troppo ben tratti dal cuore con finzione, ed avendo le lagrime e le risa a mia posta, torrei la volta22 a qual puttana si sia. E con tale arte farei lavorare il martello23 di sorte che chi mi amasse mi trarria dietro la robba con maggior furia che non mi trasse il core; e non è dottore in Maremma24 sì scaltrito che sapesse così saviamente riparare ad uno scandolo, come ripareria25 io con il mio marito, caso che lo amico mi fosse trovato in casa.

Come farei io bene uno assassinato da Amore, non è Spagnuolo, né Napolitano che mi vincesse di copia di sospiri, di abbondanza di lagrime e di cerimonia di parole, e tutto pieno di lussuriosi taglietti26 verrei in campo con il paggio dietromi vestito de i colori donatimi dalla Diva, ed a ogni passo mi farei forbire le scarpe di terzio pelo27; e squassando il pennacchio28 con voce sommessa aggirandomi intorno alle sue mura biscanterei29.

Ogni loco mi attrista ove non veggio30.

Farei pure un madrigale in sua laude, e dal {http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f12.image} Tromboncino31 componervi suso32 i canti, e ne la berretta porterei una impresa, ove, fosse uno uomo, un delfino ed un core, che disciferato33 vuol dire, amo del fino core.

Chi faria quel pazzo che ha paura che la moglie non gli sia rubata dalle mosche e dalle zanzare che sapesse fare un geloso meglio di me. Io suggellerei fino al destro34 acciò che gli amanti non venissero profumati per entrovia a farmi diventare un cornucopia35. Né balli, né feste, né commedie, né nozze mi ci coglierieno, né gioveriano36 supplicazioni di amici, né di parenti; perché balli, feste, commedie e nozze furono trovate da Dio Cupido per consultare il luogo ed il tempo del voi mi intendete37.

Dio ve ’l dica come io contrafarei uno avaro, un pidocchioso ed un misero. In persona e manu propria adacquerei il vino, pesarei il pane e misurerei le minestre, e con le tanaglie non mi si traria38 un soldo de le mani, e litigherei due ore un quattrino nel comprare tre libbre di carne, le quali farei trinciare si sottili, che dieci persone ne trionferebbeno39, e farei meco cinque o sei diete prima che io pagassi il salaro al famiglio.

Un milite glorioso lascisi imitare a questo fusto. Io mi attraverserei la beretta a questa foggia, mi sospenderei la spada al fianco a la bestiale40, e lasciando cader giuso le calzette, moverei il passo, come si muove, al suono del {http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f13.image} tamburro, cioè così: e col guardo fiero mirerei la gente in torto, e lisciandomi la barba con la mano, trista quella pietra che mi toccasse il piede, ed il primo che mi attraversasse la strada, lo taglierei nel mezzo, ed appiccandolo al contrario lo manderei per il mondo, come un miracolo. «Ah intemerata madre di grazia, ahi benedetto Dio, ahi ciel stradiotto41, levami dinanzi quello specchio, che la mia ombra mi fa paura: a mi an?»

Vegniamo al parasito. O come lo farei io di galanteria. Caso che il padrone frappasse meco, ogni cosa gli farei buono, e se egli mi dicesse: «Sono io bello»? gli risponderei bellissimo. «Sono io valente»? valentissimo. «Sono io liberale»? liberalissimo. «Non ho io dieci turchi in stalla» ? sì. «Non ho io vestimenti di broccato d’oro e d’argento? non ho io centomila ducati in cassa» ? così è. «Non muoiono di me tutte le belle»? tutte. «Non godo io d’una gentildonna» ? signor sì. «Il Re non mi ama»? vi adora. «Lo Imperadore non mi diede mille fanti» ? diede. «Non canto io soavemente» ? cantate. «Come suono io»? come Messere Marco dall’Aquila42. «Che ti pare del mio volteggiare» ? miracolo; «Del mio saltare» ? stupisco. «Del mio schermire» ? rinasco; «e del mio correre» ? trasecolo. In somma io gli suggellerei ogni sua frappa43 che gli caverei dell’anima la vita, non che i danari delle mani e le vesti di dosso; e promettendogli ad ogni ora cibi novelli, in otto giorni mi gli farei fratello44.

{http://gallica.bnf.fr/ark:/12148/bpt6k58595t/f14.image} Uno di quelli soldati del Tinca45 farei io benissimo. Io direi: « Al mio tempo il duca Borso46 fece una giostra con gli uomini d’arme da vero; i quali avevano i gambali, i cosciali e il capale di ferro47; ed al mio tempo i Bentivogli48 alle nozze loro ferno49 il giuoco della inguintana50 ove io ruppi una lancia busa piena di uccelli e dipinta, in sei colpi; ed al mio tempo ballai alla festa del Capitano del mal nome51 con una Signora, però col fazzoletto, perché allora non si poteva toccare la mano alle donne, ballando; adesso gli uomini la tengono ascosa sotto la Cappa con mille cacabaldole52, ed è una gran disonestà ed una gran ribalderia ». Basta mò.

Vi confesso bene che mi metteria un bestial pensiere di contraffare un signore, perché se io fossi un signore (che Dio me ne guardi) non saprei mai, come loro, non riconoscere fede nel servitore, né beneficio d’amico, né carnalità di sangue53; né potrei con la mia castroneria aggiunger mai alla loro, io non vo’ dire, ignoranza. Ma eccovi là, Giannico; oh, il sottil ladroncello, oh il gran ghiotto; attendete a lui, ché io mi raccommando alle Signorie vostre.