Prologue
Comedia di Pietro Aretino intitolata Cortigiana
Aretino, Pietro
Éditeur scientifique : Comparini, Lucie
Description
Auteur du paratexteAretino, Pietro
Auteur de la pièceAretino, Pietro
Titre de la pièceComedia di Pietro Aretino intitolata Cortigiana
Titre du paratextePrologo
Genre du textePrologue
Genre de la pièceComédie
Date1525
LangueItalien
ÉditionPietro Aretino, La cortigiana, a cura di Giulio Innamorati, Torino, Einaudi, 1970 (première édition d’après le manuscrit inédit)
Éditeur scientifiqueComparini, Lucie
Nombre de pages5
Adresse sourcewww.liberliber.it/mediateca/libri/a/aretino/la_cortigiana/pdf/la_cor_p.pdf
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Mise à jour2015-05-08
Mots-clés
Mots-clés français
DramaturgieUnité d’action ; limitation du nombre d’entrées des personnages ; adaptation des canons classiques à l’époque contemporaine ; liberté d’expression
ScenographieRome contemporaine
ReprésentationInvectives contre le public
RéceptionDangers de la satire contemporaine
ExpressionLangue naturelle et régionale ; refus des pétrarquismes
MetadiscoursArgument comparé à un clystère ; rôle et qualité du Prologue et de l’Argument (personnifiés )
ActualitéPersonnalités contemporaines
Mots-clés italiens
DrammaturgiaUnità di azione ; limitazione del numero degli ingressi dei personaggi ; adattamento dei canoni classici all’epoca contemporanea ; libertà di espressione
ScenografiaRoma contemporanea
RappresentazioneInvettive contro il pubblico
RicezionePericoli della satira contemporanea
EspressioneLingua naturale e plurilinguismo ; rifiuto dei petrarchismi
MetadiscorsoArgomento paragonato ad un clistero ; ruolo e qualità del Prologo e dell’Argomento
AttualitàPersonalità contemporanee
Mots-clés espagnols
DramaturgiaUnidad de acción ; limitación de las salidas de los personajes ; adaptación de los cánones clásicos a la época contemporánea ; libertad de expresión
EscenografiaRoma contemporánea
RepresentaciónInvectivas contra el público
RecepciónPeligros de la sátira contemporánea
ExpresiónLengua natural y regional ; rechazo de los petrarquismos
MetadiscursoArgumento comparado con un clister ; papel y calidad del Prólogo y del Argomento
ActualidadPersonalidades contemporáneas
Présentation
Présentation en français
C’est l’édition moderne du manuscrit de 1525 qui introduit les appellatifs « Histrion du Prologue » et « Histrion de l’Argument », absents du texte original, ainsi que le titre générique « Prologue », tandis que sont conservés les titres « Prologue » et « Argument » internes au texte liminaire. Du fait de cet emboîtement du prologue et de l’argument à l’intérieur d’un prologue dialogué, ce prologue-gigogne est d’une longueur inhabituelle. L’Arétin l’utilise de manière satirique pour malmener le public et pour évoquer certains personnages de la cour papale, dont certains mauvais poètes, mais aussi et surtout pour prendre position dans les débats littéraires et dramaturgiques de son temps. Avant la publication à Venise des Prose della volgar lingua de Pietro Bembo (Proses sur la langue volgare), l’Arétin s’oppose (dans la partie prologue) à l’utilisation pédante et artificielle des pétrarquismes dans la comédie et prône une expressivité certes fondée sur le toscan, mais naturelle et ouverte à la modernité et au plurilinguisme régional, contre le rigorisme linguistique de tradition. De même, avant la publication des textes théoriques de Giraldi Cinzio comme le Discorso sulle commedie e sulle tragedie (Discours sur les comédies et les tragédies), l’Arétin (dans la partie argument) s’insurge contre le respect rigide des règles de la poésie dramatique qui commencent à être théorisées, en particulier contre le respect de l’unité d’action (l’action de sa comédie est double, comme l’indique l’Argument) et contre la limitation des entrées en scène des personnages (dans la comédie, il y aura plus de six entrées en scène par personnage et par acte). Le texte liminaire de cette comédie, définie comme une anti-comédie à cause de son libre foisonnement qui semble faire un pied de nez à la comédie régulière, peut apparaître comme un manifeste anti-classique .
Présentation en italien
Texte
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Prologo
{1} Io avevo imparato un certo proemio, diceria, sermone, filastroccola, intemerata5 o prologo che sia, e ve’l volevo recitare per amor de mio amico, ma ognun mi vuole in pasticci ; ma se voi siate savi, plaudite e valete6.
Istrione dell’argomento
Come plaudite e valete ? Dunque io ho durato tanta fatica a comporre questo argomento, serviziale7, cristero o quel che diavol si chiami, e ora vuoi ch’io lo getti via8 ? Per mia fe’, che tu hai maggior torto che’l campanile di Pisa e che la superchieria9.
>Istrione del Prologo
Sta molto ben, poich’io ho’l torto. Oh, corpo di me, part’egli onesto ch’a petizione10 d’una commedia io abbi ad essere crucifisso ?
>Istrione dell’argomento
Messer no che non mi pare né giusto né onesto, né si crucifiggono così per poco le persone.
>Istrione del prologo
Anzi per niente. E ch’el sia el vero, un messer Mario romanesco11 or ora m’è venuto a trovare, e dice ch’io gli ho detto ch’egli dà il portante a le puttane12, e che {2} per questo mi vuol fare e dire.
>Istrione dell’argomento
Ah, ah, ah !
>Istrione del prologo
Tu hai un bel ridere, e io forse ne piangerò, perché non fu sì tosto partito il prefatto messer Mario, che mi assaltò Ceccotto genovese13, già sarto e ora astrologo, e dice ch’io ho detto che li Spagnuoli [non] sono da più che i Francesi14, questa pecora ! Messer Lorenzo Luti15 ancora quasi cacciò mano a un coltello per darmi, con dire ch’io ho sparlato di lui e detto ch’egli è un pazzo, sendo senese16. E una certa monna Maggiorina17, che racconcia l’ossa per Roma, manda i gridi al cielo per esserle stato solo riportato ch’io l’ho per una strega, e mille altre novelle ; e non voglio che’l padrone abbia questa impressione di me, ché importano le impressioni assai, massime nelli orecchi de’ gran maestri18.
>Istrione dell’argomento
Tu sei presso alla morte, poiché stimi se le impressioni buone o cattive negli orecchi de’ signori possono o non, come se tu facessi un gran conto di dispiacerli. Apprezza tanto la grazia loro, quanto ha apprezzato Girolamo Beltramo19 il Giubileo. E ora stai sul severo20 : recita questo beato prologo, e io farò l’argomento a questi omeni da bene21, e poi chi ha a fare la commedia, la faccia, ch’io per me non son per fare altro che l’offizio mio ; e ecco la calza22.
>Istrione del Prologo
Io ti vo’ contentare, e chi l’ha per male grattisi il culo.
>Prologo
Chi cercassi tutta la Maremma, nonché Italia, non saria mai possibile a ragunare tanta turba di sfaccendati23, e ognuno è corso al romore, e non è niuno che sappia a che proposito. Almen quando quel medico da Vercelli e i compagni si squartorno24, e’ si sapeva per dua giorni innanzi per che e per come. Sarà qualche satrapo che dirà essere venuto per avere qualche piacere da la commedia, come se la commedia non avesse altra faccenda che farlo ridere25. Ma voi non volete stare queti ! Orsù, ch’io vi chiarisco ch’io vi vitupererò tutti. Per Dio, per Dio, che se non fate silenzio ch’io sciorrò el cane, e dirò : el tal è agens, el tal è patiens26. E se non ch’io ho rispetto a monna commedia che rimarrebbe sola, io publicarei tutti i difetti vostri27, che gli ho meglio in mente che la Marca, la buona e santa memoria dell’Armelino (con reverenzia parlando)28.
Oh, quanti ce ne sono che fariano il meglio a procacciare la pigione de la casa a la signora29. E altri a fare che’l suo famiglio abbia el suo salario provveder doveria. E chi è in disgrazia al maestro di casa, di averlo per amico saria buono di tentare. E vadi a cena chi non ha cenato, nanzi che la campanelle imbassatrici della fame suonino30. E chi non ha ditto l’uffizio, se non andassi a dirlo, non peccarebbe però in spirito santo.
Per certo che si può rallegrare quel padre e fratello che ha il figliolo in corte, e con tutto i desagi del mondo lo mantiene perché doventi messere e reverendo perché arà le somme de’ benefici per andare dietro a le favole31. Ma io getto via le parole e veggo che a ogni modo volete impregnarvi32 di questa commedia. Orsù, a le mani33. Assettaretivi mai più, perdigiornate ? A fe’, che c’è tale che sta a un sinistro strano, e per che cosa ? Per vedere una favola. S’egli fusse in san Pietro e avesse a vedere il Volto Santo stando a sì gran disconcio, diria a messer Domenedio che’l verrebbe a vedere una altra volta34. Ma avete ventura che ci sono donne oneste e poche, ché vi so dire che bagnaresti e’ piedi d’altro che d’acqua lanfa35. Ma torniamo al proposito.
Vostre Signorie mi son patrone, e ancora ch’io abbia bravato un poco, non c’è pericolo niuno, e mi burlo con voi che sète nobilissimi, costumati e virtuosi. E non {3} credete che questa ciancia che vi sarà racconta, vi facessi dispiacere, perché ella è nata a contemplazione vostra, e mi vien da ridere perch’io penso che, innanzi che questa tela si levasse dal volto di questa città36, vi credevate che ci fussi sotto la torre di Babilonia, e sotto ci era Roma. Vedete Palazzo, San Pietro, la piazza, la guardia, l’osteria de la Lepre, la Luna, la fonte, Santa Caterina37 e ogni cosa.
Ma adesso che riconoscete che l’è Roma al Coliseo, a la Ritonda38 e altre cose, e che siate certissimi che dentro vi si farà una commedia, come credete voi che detta commedia abbia nome ? Ha nome la Cortigiana39, ed è per padre toscana e per madre da Bergamo40. Però non vi meravigliate s’ella non va su per sonetti lascivi, unti41, liquidi cristalli, unquanco, quinci e quindi42, e simili coglionerie, cagion che madonne Muse non si pascono se non d’insalatucce fiorentine. E per mia fé ch’io son schiavo a un certo cavaliero Cassio de’ Medici bolognese43, poeta quae pars est44, che in una sua opera de la Vita de’ Santi dice questo memorabile e divino verso :
E se’l Petrarca non disse tomo, l’ha detto egli ch’è da Bologna, e altro omo che’l Petrarca, per essere eques inorpellato46. Così Cinotto47, pur patrizio bolognese, che scrivendo contro il Turco disse così :
« Sippa » è vocabulo antico, « deroccare » e « tartussare » moderno ; e Cinotto, poeta coronato per man di papa Leon, l’usa, e sta molto bene. Siché questi commentatori di vocabuli del Petrarca, gli fanno dire cose che non le faria dire al Nocca da Fiorenza49 otto altri tratti di corda50, come ebbe già benemerito in persona propria da la patria sua.
E non è niuno che sappia meglio di Pasquino51 quello che si uò usare o no. Egli ha un libro, il qual tratta de la sua genealogia e c’è de belle cose, come intenderete ; e perché gli è nato di poeta, però qui lo faccio autore. Parnaso è un monte alto, aspero, indiavolato, che non ci andrebbe San Francesco per le stimmate ; e questo loco era d’un povero gentilomo che si chiamò ser Apollo, il qual, o fosse per voto o per diperazione, fattoci un romitorio, si viveva ivi. Avvenne che non so chi toccò il core a nove donne da bene, e dette donne accettate dal sopradetto Apollo, entroron seco nel monasterio e dandosi a la virtù, stettero non molto insieme che si piglioron grande amore. E come accade che ’l demonio è sutile52, ser Apollo bello e madonne Muse bellissime, si consumò el matrimonio, onde nacquero figli e figlie. E perché Apollo fu ceretano53, come per la lira si può conoscere, e molti anni cantò in banca, tutti e’ figlioli e figlie che gli ebbe fur poeti e poetesse. Ora, cominciandosi a sapere che suso quel monte, a petizione54 d’un solo, stavono nove così belle donne, ce furon molti che per industria saliron in cima al monte e assai credendosi salire, ruppero il collo ; e come le buone Muse videro di potere scemare la fatica a Apollo, si domesticarono sì con coloro che erano con tanto ingegno saliti all’indiavolato monte che posero le invisibili corna a quella gentil creatura de Apollo. E con tale alchimia fu acquistato Pasquino, né si sa di qual musa o di qual poeta. Bastardo è {4} egli, questo è certo. E chi dice che dette Muse furono sorelle, ha il torto, e ha quel giudizio in le croniche ch’ha il Mainoldo mantuano55 in anticaglie o in gioie56. E lo prova, non essere pur parenti la differenza de le lingue che si leggono, e lo conferma Pasquino, che cicala d’ogni tempo greco, corso, francese, todesco, bergamasco, genovese, veneziano, e da Napoli ; e questo è perch’una musa nacque in Bergamo, l’altra in Francia, questa in Romagna, e quella in Chiasso, e Calliope in Toscana57. O vedete se di tanta mescolanza nascono le sorelle ! E la ragion che piace più la lingua toscana che altre, è perché ser Petrarca in Avignon s’innamorò di monna Laura, la qual fu fantesca di Calliope e aveva tutto il parlare suo. E a ser Francesco piacendogli la dolce lingua di monna Laura, cominciò a comporre in sua lode. E perché a lui non è ancora aggiunto stile58 se non quello dell’Abate di Gaeta59, bisogna andare dietro a le autorità sua, ma circa al parlare non c’è pena niuna salvo se non se dicesse el vero. E il Milanese può dire micca per pane e il Bolognese sippa pro sia60.
>Istrione dell’argomento
Oh, tu leggeresti bene il processo, o la condannazione a un podestà61 ; oh che cicalare è stato il tuo ! Che domin t’importa egli il volere disputare del parlare62 ? Tu non dovevi finire mai più, a ciò ch’io avessi a stare con questa calza tutt’oggi in mano e che ’l serviziale si freddasse e che costoro non ricevessino la metà dell’argomento.
>Istrione del Prologo
Tu hai ragione, tamen io voglio sapere quanto ad un certum quid63 che erbe sono in questo cristero, perché se tu ci avessi messo snelle frondi, ostro, sereno, lampeggianti rubini, morbide perle e terse parole e melliflui sguardi64, e’ sono sì stitichi che non gli smaltirebbero gli struzzi che patiscono e’ chiodi65.
>Istrione dell’argomento
Io gli ho messo la merda ; sta queto e vedi farmi cotale argomento e poi mi parla66.
>Istrione del Prologo
Or comincia.
>Istrione dell’argomento
>Argomento
In questa calza vi porto un argomento molto ristorativo e in questa sua composizione, ch’è buona a fare ridere il pianto, c’è Messer Maco di Coe da Siena, studiante in libris, venuto a Roma per acconciarsi per cardinale con qualche papa ; che essendo in caso di morte per il mal di mazzucco67, suo padre fe’ voto che, guarendo il detto Messer Maco, lo acconceria per cardinale con un papa. Sendo esaudito, e sano e più bello che mai il figliuolo, l’ha mandato in Roma per adempire il voto fatto per la salute sua e, preso maestro Andrea68 per pedagogo, gli fa credere che non è possibile a mettersi per cardinale con il papa, se prima non si diventa cortigiano, e facilmente gli fa credere ch’un Gioan Manente da Reggio69 si fece cortigiano nelle forme70 ; e con questa solenne sciocchezza mena questo ineffabile castrone a la stufa, dove gli dice essere le forme che fanno i più bei cortigiani del mondo. E così, di pecora diventando un bue, pone il sigillo71 a tutte le savie e salate parole di quel pazzo di maestro Andrea e - si non ch’in Corte si veggono tutto il dì miracoli assai maggiori - non credete mai ch’un omo si conducesse a tanta castroneria. E mi pare molto maggior cosa [de] il testamento che fece lo Elefante72, ed era sì gran bestiaccia ; così a sentire ragionare maestro Pasquino che è di marmo ; e faretevi anco fare le stimmate avere visto un Accursio e un Serapica comandare al mondo, che uno era stato fattore di Caradosso orefice, e l’altro canattiero73. Or lasciamo ire le filosofie morale.
Omero fu litigato da sette cittade, e ognuna per suo l’ha sempre voluto. A messer Maco interviene peggio, che da più di trenta paesi è rifutato ; non ’l vuolo niuno nè per amico, nè per parrente.{5} Milano lo rinunzia per minchione, Mantoa per babbione, Venezia per coglione, e sin a Matelica74. Ma, per tagliare le lite, la causa è messa in ruota, e per grazia de li auditori avrà fin presto, come le altre cose. Sì che per oggi il faremo da Siena, domani chi’l vuole se’l pigli.
E anche piaceravi75, credo, vedere innamorato Parabolano76 da Napoli, uno altro Accursio, in Corte più per i capricci della fortuna che per sua meriti, il qual tormentandosi per Laura, moglie di messer Luzio Romano, e non volendo questo amor scoprire, un suo famiglio ribaldo sentì che’l padrone di lei si lamentava sognando e, avendo per tal mezzo questo segreto, gli fa credere che Laura di lui sia innamorata e per via de una ruffiana conclude il parentado, e il magnifico, goffo al possibile, si ritrova con una fornaia più sucida che la manigoldaria. E mentre che saranno in essere queste cose, e che vederete rappresentare qualche particella dei costumi cortigiani di donne e omini, e che vederete due commedie in una medesima scena nascere e morire77, non vi spaventate, perché monna Commedia Cortigiana, per essere ella più contrafatta della Chimera, più spiacevole che’l fastidio, più costumata che l’onestà, più suave che l’armonia, più gioconda che la letizia, più iraconda che la collera, più faceta che la buffoneria, è, nel dire il vero, molto più temeraria che la presunzione. E se più di sei volte messer Maco o altri uscisse in scena78, non vi corrucciate, perché Roma è libera e le catene che tengono i molini sul fiume non terrebono questi pazzi stregoni79..., volsi dire istrioni. Così abbiate pazienza se alcun parla fuor di commedia80, perché si vive in una altra foggia qui che [a] Atene non si faceva ; dipoi colui che ha fatto la novella è omo di suo capo, né lo riformaria il Vescovo di Chieti81.
>Istrione del Prologo
E ’nfine tu sei omo che ti governi con le bigonce82 – disse messer Zanozzo Pandolfini83- e per mia fe’ che sei un buon maestro da fare argomenti e è stato molto solutivo84. Or tiriamoci da parte e ascoltiamo come messer Maco si porta a diventare cortigiano !
Eccolo : ah, ah, ah ! Oh che pecora, ah, ah, eh, oh !